CAGLIARI TUVIXEDDU-2 PARCO ARCHEOLOGICO NATURALISTICO URBANO

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Il Piano attuativo PIA CA17, redatto secondo la legge regionale 14\96, risolve dopo molti anni uno degli aspetti più delicati e controversi dell’operazione di recupero dei Colli di Sant’Avendrace e prevede la collaborazione del pubblico e del privato anche nella realizzazione del Parco e del Museo archeologico della necropoli di Tuvixeddu

Stralcio di una intervista rilasciata a Francesco Accardo – Urban Center di Cagliari nel 2013

Quale è l’idea di parco archeologico pensato per la necropoli di Tuvixeddu?

(una delle più grandi  Necropoli Fenicio-Punica ad oggi nota)

Non siamo partiti con un’idea precostituita di parco archeologico. Abbiamo ascoltato molto, e studiato e camminato molto sull’area, abbiamo rilevato e disegnato quel mondo sotterraneo, un sito archeologico così diverso da qualsiasi altro già visto.

I siti archeologici sono spesso luoghi di “tracciati”, di frammenti che la nostra immaginazione deve ricomporre in forme architettoniche più o meno riconoscibili. AREE PANTX-MANTX

Tuvixeddu costringe ad un esercizio affascinante di pensiero in profondità, un luogo generato da sottrazione, luogo dove la morte veniva rinnovata nel tempo con camere ipogee che usavano gli stessi pozzi ma non si intercettavano mai. Dove generazioni successive hanno perpetuato il rito della sepoltura evolutosi con le civiltà che si sono succedute. Tutto sotto quella superficie bianca di calcare.

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Tutto “sotto” niente in vista. Solo il percorrere quella ripetizione ossessiva di pozzi poteva rendere l’idea dell’importanza di quella testimonianza e comunicare una forte suggestione.

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Coglierne l’insieme, riuscire a immaginarne la vastità prima che la cava facesse nei secoli il suo lavoro di sottrazione.

Con gli altri luoghi archeologici condivideva solo le questioni pratiche: tutti sono accomunati dagli stessi problemi di tutela, fruizione, controllo e manutenzione, tipi di recinzione, passerelle, tettoie di protezione, illuminazione, cartellonistica.

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L’impatto estetico ed economico di queste sovrastrutture è forte ma alla fine è importante che le aree siano visitabili, protette, accessibili allo studioso, al turista straniero, al disabile e alla scolaresca, facili da gestire ma anche facili da capire per chi studioso non è.

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La collaborazione con la Dottoressa Salvi è stata strettissima sin dall’inizio.

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Dopo un primo momento di studio reciproco lei ha capito che il nostro interesse era sincero, concretamente interessato alla salvaguardia e alla riscoperta della necropoli.

Siamo stati dalla sua parte spesso in contrasto con la nostra stessa committenza, abbiamo avuto un ruolo “cuscinetto” con il Comune che poneva concreti, imprescindibili problemi di sicurezza e gestione.

E noi capimmo dopo poco che oltre alla sua grande passione per Tuvixeddu è una persona che sa ascoltare, consapevole che la tutela si realizza anche attraverso la diffusione della conoscenza del sito, che vuol dire anche visitabilità e capacità di attrazione di visitatori e interessi.

Il progetto esecutivo, come la cessione dell’area frutto dell’Accordo di programma del 2000, prevedeva fondi per gli scavi archeologici. Quegli scavi realizzati prima del blocco dei lavori e che ci permettono ora di vedere non solo le tombe ipogee, ma quelle romane e medievali, la cava romana e nuovi tratti dell’acquedotto già identificato in altre zone della città, oltre naturalmente i molti reperti rinvenuti.

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Allora non c’era alcuna possibilità di avere fondi per realizzare scavi preliminari e quindi, dopo molti accertamenti basati sugli scavi precedenti e sugli studi disponibili, si identificò un ambito di intervento prettamente archeologico in tutta l’area non compromessa dall’attività estrattiva (circa 12 ha), e un’area totale di 24 ha, che avrebbe costituito il parco complessivo (PANTX – Parco Archeologico-naturalistico Necropoli Tuvixeddu).

Per questo sì che avevamo un’idea di progetto. Sarebbe stato un parco di un tale interesse ambientale da essere inserito nel circuito dei grandi parchi urbani europei contemporanei.

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Per questo abbiamo lavorato assiduamente affinché con le risorse economiche disponibili si potesse realizzare un’opera completa sotto tutti gli aspetti.

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Dal punto di vista progettuale non si poteva però prescindere dalle forti differenze morfologiche e floristiche-vegetazionali.

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Le poche infrastrutture necessarie, le reti impiantistiche e i radi manufatti sono stati progettati partendo dagli aspetti urbanistici, ambientali e paesaggistici, mediati dalla scelta dei materiali, dai metodi costruttivi, dal controllo della luce e dell’ombra, dal disegno del suolo e degli elementi di arredo.

Un tema interessante del progetto ha riguardato tutti i punti di contatto con la città e gli attraversamenti pubblici che si intersecano con le aree archeologiche protette. Sono stati disegnati i 10 ingressi con strutture omogenee, attrezzature di segnaletica e arredo ben riconoscibili.

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Con opere di ingegneria naturalistica sono state sistemati i fronti di cava e porzioni della parte che occupa la depressione del cosidetto “catino”, risultato dell’attività di cava esercitata nel passato.

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Aree per il gioco, percorsi tematici e sportivi completano la parte urbana.

Roseti, agrumeti, giardini profumati e terrazze con piantumazioni di carattere cromatico, caratterizzano la porzione di parco formale.

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In sostituzione di un fatiscente deposito esistente, a servizio del parco è in costruzione l’edificio addossato alla parete rocciosa, che ospiterà depositi, laboratorio botanico, centro di controllo degli impianti e spazi per il personale e per la didattica.

 

Intervista del 4 Marzo 2013

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